A mio cognato, Reno Mandolesi, fisico-astronomo, in occasione del suo compleanno.
Marco, conosci Lucio Taruzio?
E’ un amico di Cicerone, di Varrone e di Publio Nigidio Figulo! Un piceno, uno di Fermo!
Mai sentito nominare!. Se me ne parla, sono contento, così posso imparare qualcosa su Cicerone e Varrone, oltre che su Publio Nigidio Figulo, un gruppo di Pompeiani, anticesariano!
Marco, ne parla Plutarco in Vita di Romolo,12.3-4: ai tempi dell’erudito Varrone, uomo romano molto competente in fatto di storia, un certo Taruzio (Taroutios), suo compagno-etairos- , filosofo, oltre che matematico (philosophos men alloos mathematikos), ma anche versato per puro gusto speculativo nella ricerca astrologica, in cui era ritenuto esperto insigne (aptomenos de ths peri ton pinaka methòdou theoorias eneka kai dokoon en authi periptos einai).
Tu conosci Terenzio Varrone di Rieti (116- 27 a.C) e le sue problematiche storiche antiquarie? Conosci la vita e il pensiero moralis di Plutarco?
Si . Più la vita di Varrone che quella di Plutarco. So che Varrone scrisse molto sulla lingua latina, sull’agricoltura, sulle gentes romane, sulle familiae troiane e sulle Antiquitates rerum humanarum et divinarum, convinto assertore delle origini sabine dei latini, oltre che ricercatore di matrici greche di Evandro, arcade. Ricordo che lei, a scuola, ci parlava di Terenzio Varrone come uno degli hgemones/ammiragli della flotta di Pompeo contro i Pirati, che aveva sotto controllo la zona compresa tra Delo e la Sicilia. Mi sembra di ricordare, inoltre, che Cesare in Spagna fu attaccato da lui, propretore pompeiano, che non si comportò militarmente, in modo decoroso, ma il dictator, nonostante questo, lo incaricò, dopo Munda, di costituire una biblioteca greca ed una latina, a Roma, come dimostrazione della sua stima letteraria verso la cultura antiquaria del suo avversario. So, infine, che dopo la morte di Giulio Cesare si salvò fortunosamente dalla proscrizione di Antonio e di Ottaviano e poté iniziare la revisione della sua immensa opera di oltre 620 opere, compresa De agricoltura (I,4).
Ricordi molte cose di Varrone! Bravo e sai che ottantenne, come ogni buon contadino sabino, invoca i dodici Dei Consenti, principali guida degli agricoltori- essendo andato durante le feste della semina (sementivis feriis), in aedem Telluris, perché chiamato dall’editumos/ editumo, custode del tempietto, dove incontra altri, tra cui suo suocero, che guardano una tabula picta dell’Italia- (Ibidem,2,1)!.
Parla di una tabula picta, professore? allora c’è in Varrone una prova di una tabula che precede quella di Vipsanio Agrippa, poi diventata Tabula peutingeriana?
Il guardare in una parete da parte di cives, in attesa del ritorno del custode templare, una tabula picta nel tempietto della dea Terra, non credo possa significare un uso militare di tabulae geografiche, ma ritengo di non escludere che nel 39/38 a.C. ci siano tabulae pictae dell’ecumene romano e specificamente dell’ Italia, utili per la propaganda universalistica di Ottaviano, allora, in buoni rapporti, con Antonio, a cui ha dato in moglie la sorella Ottavia!. Marco Varrone, a Roma, è considerato sulla base delle affermazioni precedenti di Cicerone (Academica posteriora,19), il più dotto dei romani. Infatti l’oratore diceva espressamente: tu in ogni epoca della patria hai fatto luce sulla base della tua cronologia, sulle norme dei suoi rituali, sulle sue cariche sacerdotali,sugli istituti civili e militari sulla dislocazione dei quartieri e sui vari punti, sui nomi, sui generi e cause dei nostri affari e divini ed umani!
Davvero Varrone aveva indicato esattamente gli usi e i riti religiosi paleosabellici, fusi con quelli etruschi dei romani e fatto ricerca sulle feste e sui corpi sacri sacerdotali e sulla fondazione di Roma e su Romolo ecista/fondatore, forse in opposizione alla doctrina di Dionisio di Alicarnasso –Ant. Rom.I, 84, 3 – specie in relazione alla morte di Remo con Faustolo e il fratello- e a quella di altri greci, compreso Strabone di Amasea (60 a.C.- 23 d C)!. Probabilmente la sua theoria era appoggiata e sostenuta da Nigidio Figulo (98-45 a.C) uno studioso, neopitagorico, restauratore in Roma del pitagorismo (Cicerone, Timeo I ), considerato mago da Svetonio, da Girolamo e segnalato come tale da Apuleio in De magia 42.
Professore, fu anche Figulo un pompeiano, che segui il dux aristocratico a Farsalo?
Si Marco. Non si sa come e perché Figulo non fu tra quelli che, a Brindisi, andarono ad accogliere il vincitore, da supplici, come Cicerone e Varrone! forse – è pensabile- seguitò a combattere tra i pompeiani a Tapso!. Per questo fu catturato e non essendo stato graziato, fu inviato in esilio, in un luogo sconosciuto, dove sembra che morì nel 45 a.C.
Si conosce il tipo di di neopitagorismo, adottato da Figulo?
Sembra che il suo indirizzo sia non moralis e filosofico, ma astrologico e divinatorio, con tendenze alla scienza augurale, visto l’elogio fatto da Lucano in Bellum civile, V. 639-672, considerata l’avversione successiva di Tiberio Imperatore, che, da politico, reprime ogni pratica magica- apparendo strana e contraddittoria la sua condotta in quanto, pur essendo amico di Trasillo, è ostile ai presagi e ad ogni forma astrologica e perfino al poema dell’alessandrino romanizzato, Manilio (Astronomica)-!
Vengono ricordati altri libri di Figulo!?
Si. Ci sono rimasti, però, solo frammenti di De extis, liber auguralis, De sphaera graecanica et barbarica, de diis, de ventis e de somniis. Agostino lo ricorda in De civitate Dei V,3, per essere stato il primo a formulare l’idea del vorticoso giro della terra, dopo il suo ritorno dalla Grecia/ a Graecia regressus, se didicisse orbem ad celeritatem rotae figuli torqueri/ aveva appreso che la terra gira con la rapidità del torchio del vasaio.
Allora, da Publio Nigidio Figulo/il vasaio-, da Varrone e da Cicerone deriva la scienza astrologica del fermano Taruzio?
Non credo che sia così, Marco!. Penso che Taruzio abbia una sua formazione che, fusasi con quella autoctona familiare ed italica paleosabellica ed etrusca, a contatto con gli scienziati alessandrini, portati da Cesare, al fine della riforma del Calendario, abbia maturato una sua scienza astrologica, comune ad altri, come gli esseni, dello stesso indirizzo pitagorico. Comunque, Varrone sembra che lo abbia in grande considerazione per la sua cultura filosofica ed astronomica, anch’essa certamente eclettica e sincretica come quella dei suoi compagni pompeiani, etairoi antiquari e bibliotecari, legati fra loro da vincoli di etairia!. Sembra che il fermano abbia un suo tipico modo di osservare il cielo, come quello caldaico, e che, quindi, sia un insigne scienziato, capace di fare calcoli magici, da magoi, da caldei, non da goetes ciarlatani, allora in voga a Roma, come, poi, all’epoca di Plutarco (48 d.C -126/7 d.C.), nel II secolo d.C.. E sembra che la sua concezione celeste– che cioè quanto succede lassù determina quaggiù la vita naturale dell’uomo- sia condivisa dagli altri etairoi!
Comunque, Marco, la sua origine paleosabellica – da cui il nome di taruzio /caruzio attestato da Plutarco stesso nella sua seconda versione circa il mito di Acca Larenzia, che sposa un certo Taruzio uomo vecchio e ricco, che lascia ogni avere alla donna che, poi, lo cede in maggior parte, per disposizione testamentaria/ kata diathkas, (Romolo,4,4) alla città – fa pensare ad infiltrazioni etrusche nel basso piceno, già sotto il controllo locumonico dalla fine del V secolo a.C!. Inoltre non sono escluse acquisizioni astrologiche magiche in Asia Minore o in Grecia, che maturano la sua formazione culturale pitagorica.
Plutarco aggiunge che Varrone propose al piceno, etairos, di calcolare, risalendo all’ indietro nel tempo, il giorno e l’ora di nascita di Romolo, in base agli influssi astrali, facendo ricorso agli stessi procedimenti, con cui si risolvono i problemi di Geometria – Romolo, 13,4 -.
Marco, si è tra geoometrai – non ciarlatani religiosi- , che devono risolvere geoometrika … problhmata, con procedure scientifiche, secondo il metodo del trattato astrologico /h apotelesmatika technh!. Quindi, professore, lei vuole dire che Taruzio è accreditato di un proprio procedimento scientifico, in relazione ai mezzi dell’epoca, di tipo alessandrino.
Lo scrive Plutarco, che ha vasta cultura sacerdotale ed oracolare, non solo storica e filosofica, avendolo avuto impresso, con la virtù, dal padre che, insieme al nonno Lampria, gli aveva insegnato le cose sacre, la consuetudine alla meditazione, lo studio della filosofia e della matematica, apprese da Ammonio, scolarca dell’ Academia, ad Atene! Testimonia la scientificità del procedimento del Piceno Plutarco, un rappresentante politico e religioso della città di Cheronea, un ierofante, che tratta affari con proconsoli romani, che viaggia per la Grecia, per l’Egitto e per l’Asia Minore come autorizzato dai concittadini ad andare a Roma, dove romani vanno ad ascoltarlo e a consultarlo per udire la sua parola di fede in un Dio/Theos e di certezza della sopravvivenza dell’anima!.
Fa questa testimonianza Plutarco, un uomo dell’oracolo di Delfi, che ha tra gli uditori uomini come Aruleno Rustico, discepolo di Peto Trasea, poi fatto uccidere da Domiziano!. Plutarco è degno di stima, anche dopo il ritiro in patria, come uomo animato da sentimento filantropico e da desiderio di giovare agli altri, come discepolo dell’indirizzo morale di Epitteto, filosofo stoico, cosciente di essere pars del tutto come una cellula del kosmos, che, col suo, pur privato, ben fare, può alimentare il bene universale, convinto non di cercare un utile proprio, ma quello della patria intera terrena!
In Consigli agli inquieti (Moralia) infatti Plutarco dice contro chi lo dileggia perché intento alla misurazione di una tegola o al trasporto di calce impastata o di pietre: non lo faccio per me a tirar su questo edificio ma per la patria!
Plutarco – ricorda, Marco!- è uomo che ha il riconoscimento da Traiano di una dignità consolare, poi, anche ribadita da Adriano! E’uomo conforme al pensiero antonino!
Dunque, professore il fermano è considerato da Plutarco quasi come un suo modello, come una luce razionale per gli altri !
Io penso, Marco, come Vincenzo Cilento (Diatriba cinica e dialoghi delfici Sansoni, Firenze 1962,p.XXIII), che Plutarco seppe mantenere una tipica dignità anche in un’epoca dove c’era critica specie per gli oracoli, compreso quello di Delfi, e celebrare i riti misterici con scrupolo religioso dell’oracolo delfico, seppure scaduto, come estremo appello alla ragione!.
Per lei, quindi, professore il piceno anticipa lo stesso Plutarco nella speculazione magica, avendo un qualcosa di divino nella sua predizione astrologica, quasi una visione misterica eleusina ?
Marco, io penso di saper vedere i limiti scientifici dell’epoca di Augusto e di saper leggere le riforme dello stesso Ottaviano, tese a ripristinare il culto arcaico e la tradizione quiritaria, ridicolizzata già da tempo, dalla razionale superiore cultura ellenistica orientale, e comprendo che in Taruzio ci possa essere una certa scientificità, secondo i canoni epistemici alessandrini, relativa al tempo e alla stessa professionalità di uno studioso, astrologico e filosofico, ben inserito in un gruppo di compagni eruditi, antiquari!. In questo senso l’autore fermano anticipa il razionalismo e il naturismo di Moralia e il moderato equilibrio storico di Vite parallele di Plutarco, avendo, comunque, gli stessi difetti, irrisolti, del pitagorismo e dello stoicismo del I secolo a.C, rispetto al principato di Augusto!
Plutarco, dunque, trattando del procedimento di Taruzio, scrive : infatti, si segue quello stesso procedimento usato per predire la vita di un uomo, sapendo il tempo della nascita, e per ricercare la data di nascita conoscendone la vita/ths gar auths theoorias einai, khronon te labontas anthroopou genéseoos bion proeipein, kai biooi dothenti thereusai khronon
Professore, il fermano, però, è ritenuto da Varrone, da Terenzio Varrone reatino, uomo in grado di calcolare, tramite i segni astrologici, ogni fenomeno naturale celeste.
Certo. Da Varrone, Taruzio è così stimato!.
Infatti Plutarco dice che fece ogni cosa come richiesto e, pertanto, studiando le vicissitudini e le imprese di Romolo, mettendo, inoltre, insieme informazioni sull’arco di tempo, in cui era vissuto, sul modo in cui era morto e su altri particolari simili, ebbe certamente un gran coraggio a dimostrare che il concepimento di Romolo era avvenuto nel primo anno della seconda olimpiade, alla ora terza, del ventitreesimo giorno del mese, che gli egiziani chiamano Choiax, durante un eclisse totale di sole, e che era stato dato alla luce il ventunesimo giorno del mese di Touth, all’alba, e che, infine Roma era stata fondata da Romolo il nono giorno del mese di Farmouthi, tra la seconda e terza ora (Romolo,XII,5-6).
La relazione, forse scritta, dello studioso a Varrone è, dunque, questa e sorprende perfino Plutarco che parla di coraggio e di virilità /tetharekotoos kai andreioos da parte di Taruzio capace di determinare il preciso concepimento di Romolo il 24 giugno del 772 secondo il calendario riformato cesariano, e la sua nascita il 24 Marzo 771, all’alba, durante un eclisse totale di sole e perfino la fondazione di Roma fissata, però il 4 ottobre forse del 754
Taruzio, professore, fa un errore di calcolo, piccolo, ma sempre errore, che sembra corretto da altri, forse da Varrone stesso, che determina un periodo di 12 giorni, che è la durata della festa delle Palilie, celebrata dal 9 al 21 Aprile del 753 a.C., secondo tradizione agricola!
Professore, si è conosciuto il correttore dell’ errore di Taruzio e nemmeno chi fissò la tradizione al 21 aprile del 753?
Non si sa esattamente, Marco. Si sa che Plutarco accetta la data indicata da Taruzio e da Varrone, quella del 9 aprile collegata con le Palilie, feste pastorali dedicate a Pale, che iniziavano proprio in quel giorno e terminavano il 21, e fa un suo commento, convinto che si possa fare in relazione alla posizione degli astri: pensano/oiontai infatti che le vicende di una città, come quelle degli uomini, abbiano un tempo ben definito/ kurion…kronon, che si può calcolare in base alla posizione in cui si trovano gli astri al momento della sua fondazione -ibidem-.
E’chiaro che, comunque, ha dubbi- evidenziati dall’uso della terza persona plurale!- nella conclusione definitiva, che diamo così come è scritta, senza commentarla, consapevoli del pensiero generale greco di Plutarco sul problema: Alla tauta men isoos kai ta toiauta tooi csenooi kai perittooi prosacsetai mallon h dià to muthodes enochlhsei tousentugchanontas autois/ queste e tante altre analoghe notizie, certamente, data la loro peculiarità ed eccezionalità, possono risultare per chi le ascolta interessanti e piacevoli più che noiose per la loro natura favolosa- Ibidem-. Di conseguenza, Marco, si potrebbe dire che Taruzio, pur dimostrando in relazione all’eclisse di sole, non è unanimemente accettato, in quanto ci sono diverse opinioni nel mondo greco orientale e in quello latino occidentale, sulla data della fondazione di Roma, che veniva variamente fissata.
Forse le critiche vennero dalla pars orientale, che, pur basandosi sullo stesso evento dell‘eclisse di sole, fissava la data del 21 aprile 753, a detta di Plinio il vecchio, che ne parlava, trattando del De astris di Taruzio!.
Infatti, dopo la pubblicazione delle due monumentali opere di Tito livio- Ab urbe condita libri CXLII- e di Nicola di Damasco, Storia universale libri CXLIV- forse riprende il dibattito tra gli occidentali e gli orientali, che si rifacevano letterariamente gli uni alla theoria di Fabio Pittore e gli altri a quella di Diocle di Pepareto, per definire la questione della data della nascita di Roma, rimasta in sospeso a lungo, per secoli.
Marco, si ha una certezza storica solo quando un decreto del senato e del popolo di Roma, approvato dall’imperatore Filippo l’arabo (244-249 d.C.) stabilisce di celebrare il saeculum miliarum, il millesimo anno dell’Urbe, il 21 Aprile del 248!
Si era giunto, nel frattempo, dopo due secoli e mezzo ad una concordia sulla data della fondazione di Roma: Domus regnanti si erano avvicendate (Giulio -Claudia, Flavia,Antonina, Severiana) fino ai tre Gordiano, a Massimino il Trace e a Filippo il traconita, che regna dopo la sconfitta di Mesiche, a seguito della tregua ingloriosa coi Persiani, sasanidi, e della morte di Gordiano III nel 244, mentre i Carpi aprono le ostilità, fronteggiati dal legatus Decio, destinato ad essere il primo imperatore Illirico-(cfr. Iordanes, De origine actibusque Getarum, 16,43).
In questo lungo periodo, dunque, si ebbe la concordia sulla data del 21 aprile 753?
Si. Comunque, non si seppe mai chi aveva spostato la data indicata da Varrone e da Taruzio fermano, morto probabilmente negli ultimi anni del I secolo av. C., sotto il regno di Augusto!.
E…bravo Taruzio! Perfino un cratere lunare porta il suo Nome!