Viventes ad amandum, ad utendum res sunt; nos, contra, viventibus utimur, amamus res!
I viventi esistono per essere amati, le cose per essere utilizzate; noi, invece, ci serviamo dei viventi ed amiamo le cose!.
Perché non rileggere quanto scritto da Angelo Filipponi in Considerazioni sul Gesù di Nazareth di papa Benedetto XVI?
Potrebbe venire fuori un nuovo logos, storico, umano, espressione concreta, paradigmatica, di una metodologia anthropica, opposta a quella utilitaristica mitica, di una tradizione ebraico- cristiana elitaria!
E’ un modo nuovo di ragionare con un nuovo sistema di misura in relazione ad una nuova concezione di uomo, di creatura, vivente, in modo paritario, il suo destino, là dove la sorte lo pone in mezzo ad altri esseri animati ed inanimati, con cui stabilisce proficui reciproci rapporti di convivenza, secondo criteri integrativi naturali e razionali prima, religiosi, poi!
Per me, professore, come per i miei amici e compagni di classe, il suo pensiero risulta una nuova logica, che mi ha orientato nel corso della vita, come dice Giovanni in Caro professore www.angelofilipponi,com che parla di cambiamento di vita.
Marco, non so se è proprio così !I mio pensiero solo forse per alcuni è utile, mentre per altri non è servito a niente! Non è detto che ciò che giova a te, come medicina, sia utile ad un altro, a cui potrebbe essere veleno; c’è una immensa varietà nella galassia altro! Siamo tutti uomini eguali ma differenti per genetica, che ci differenziamo anche per educazione iniziale, conforme al contesto, e per sorte, avendo diversa libertà naturale e socio-economica, in relazione alle opportunità ambientali. A me risulta solo un lavoro serio di un cristiano occidentale, di cultura romano-ellenistica, umanistico-rinascimentale,illuministico e positivista, laico, che ricerca la Storia e la fa, anche sulla figura di Gesù Christos, studiata e dimostrata come persona umana mitica, poi divenuta teologica, romana, clericale guida assoluta egemonica, propria di un theos vivente, eterno nomos empsuchos, non certamente fraterna creatura vivente!. Per me come ho già scritto in Gesù, l’ebreo di Galilea vivere è stato lavorare e fisicamente e spiritualmente distaccandomi dagli altri, per capire qualcosa e poi orientare gli altri, senza imposizione, lasciando libero ognuno nel fare il proprio iter secondo natura e ragione.
Io, professore, ho trascritto quanto lei ha detto in Gesù l’ebreo di Galilea: Non ho avuto mai, se non da ragazzo, come interlocutore un tuttologo: amo fare, parlo poco e solo se è necessario. Non ho voluto ciarlatani accanto, preferendo lavorare con operai e sudare con loro in operazioni costruttive. Per tutta la vita ho scelto uomini che lavorano e che studiano, scienziati, ricercatori, tecnici ed operai con cui parlare concretamente di problemi veri per fare una reale situazione e cercare una soluzione. Comunicare per me è fare un dono scambievole di qualcosa ad uno, paritario, e perciò dire è funzionale a qualcosa, per manifestare concretamente il proprio pensiero e confrontarlo con quello altrui, così da trovare un modo per conciliare ed arrivare ad una soluzione concreta. In caso di incapacità realizzativa da entrambi le parti, si riconosce il proprio limite e si ride insieme delle proprie idiozie e della propria debolezza, constatata in situazione reale. Se non si ha forza di operare insieme, costruttivamente, non servendo la tautologia, è preferibile fare lo scemo, presentando una faccia da ebete ed andare per la propria strada. Per anni, perciò, avendo distinto illuministicamente tra dire e parlare ed avendo pensato che è meglio stare zitti, anche se tutti vogliono parlare, ho taciuto lavorando da solo e come studioso e come artigiano, alternando le attività nel corso della giornata. Siccome non è stato sufficiente il silenzio, sono stato costretto ad operare scrivendo e a mostrare il frutto concreto come risultanza operativa in modo paradigmatico (Cfr. L’altra lingua,l’altra storia, Demian 1995). Comunque, in casi estremi, nel corso di 45 anni di ricerca, è stato necessario tenersi lontano dagli altri, ritirarsi in meditazione, in solitudine, in un lavoro costruttivo di manovalanza. Il silenzio allora può diventare, nell’assurdità del parlare altrui, specie politico e sacerdotale, un discorso eloquente e razionale, un esempio operativo eclatante, un metodo. Comunque, sono sempre fuggito da chi crede di sapere ogni cosa e pensa di poter arrivare razionalmente a soluzioni e a chiudere dogmaticamente, in un netto rifiuto della predica. Non ho, dunque, seguito le persone che sanno ogni cosa e che creano percorsi o vie, convinti di avere conoscenze, di saper dire la parola definitiva o di poter parlare di tutto a tutti e di fare, caso mai, spettacolo. La parola di Gesù mi ha sempre affascinato, fin da bambino e perciò ben presto ho cercato i logia del signore in aramaico, ma ho amato anche quelli greci, anche se tradotti, più di quelli latini, data l’equivocità della romanitas christiana
Lei, professore, perciò, dopo avere rilevato l’assenza della Historia in Considerazioni sul Gesù di Nazareth di papa Benedetto XVI e in Storia o teologia, evidenzia ora la necessitas di dover formare l’uomo, solo su un piano umano e non teologico al fine di creare un anthropos in senso naturale e razionale in modo da orientarlo ad esistere come essere, eguale ad ogni altra creatura, senza privilegi, nel pianeta Terra, un piccolo kosmos del sistema solare, un pulviscolo nei confronti delle Galassie astrali! Per me è giusto che lei affermi che in una società democratica e cristiana formare un altro significhi educarlo ad essere uomo prima, e poi ad essere cristiano e che il tempo di formazione umana deve precedere quello di formazione religiosa (buddista , cristiana, islamica ecc): io anzi ritengo vero che le nostre turbe, le nostre fobie, i nostri squilibri e stati ansiosi derivino da una educazione sincretistica in cui si fonde storia con Muthos, muthos con storia, il sistema uomo con quello cristiano ed infine mi sembra che lei, laico, pur nel massimo rispetto della funzione universale papale a papa Benedetto XVI, umilmente, avrebbe voluto dire, negli anni del suo pontificato, che ritrovare Gesù ebreo di Galilea significa ritrovare l’uomo al di là della religione, capace davvero di essere divino nel fare quanto dice, nel realizzare conformemente quanto pensa ( cfr. Idea di un Jesus of culture www.angelofilipponi.com) in un contesto geografico non più romano-ellenistico, ma universale, non più secondo una metretica platonico- aristotelica, ma secondo canoni scientifico-astrofisici nuovi, dove neanche è pensabile la figura di un Unico Redentore universale! Ed ora credo che lei a lui, emerito papa Ratzinger, non al suo successore, indifferente ai problemi religiosi, spirituali, totalmente immerso nell’apparato finanziario economico temporale, e in quello socio-politico, avrebbe voluto mostrare, per un altro orientamento, le risultanze di una ricerca storica, non certamente conclusa, sicuramente piena di errori, ma ben ancorata nella Storia Giudaica, giudaico-romana, romano-ellenistica, umanistico-rinascimentale, secondo nuovi orizzonti naturali ed astrofisici, in un’etica più ampia ed universalistica, veramente antropica!.
Grazie, Marco. Forse vai oltre il mio stesso pensiero! Comunque, insieme rileggiamo Le considerazioni e Storia o teologia!