Marco, tu non conosci i Sabelliani?. Sono i seguaci di Sabellio, che nega la divinità di Christos.
*No.
Allora non conosci neanche i due Dionigi/Duonisios, vescovo romano e Dionigi/Duonisios, papa alessandrino, attivi nello stesso tempo.
*No professore. Non so niente neanche dei due Dionigi.
Marco, non sai neanche che, sotto Aurelia Zenobia (268-272 d.C.) , esiste una Triarchia cristiana con tre sedi apostoliche principali, quelle di Antiochia, di Alessandria e di Gerusalemme/Colonia Aelia Capitolina, quando ancora non esisteva la Pentarchia, perché Roma, caput mundi, centro dell’impero, ha una auctoritas e potestas religiosa col pontifex maximus, che presiede i riti pagani in città e in Occidente e in Oriente, ma non era sede apostolica riconosciuta, e perché Costantinopoli ancora doveva essere fondata come città, quindi, non era sede apostolica con Andrea..
*Mi vuole dire che le tre sedi cristiane apostoliche sono sotto la Regina del regno di Palmira, un regno secessionista dall’imperium romano, dove potrebbe essersi costituito un Primissimo cristianesimo, prima dell’epoca di Costantino quando il padre Costanzo Cloro (250- 306), tribunus in una legione di stanza in Bitinia, forse comincia ad amoreggiare con Elena, una stabularia/ostessa di Drepanon, nel 270 d.C.?
Certo. Ti aggiungo che il cristianesimo, in alcune zone è predominante, in quanto fuso col giudaismo, aramaico, anche se non ha un credo unitario, ma avendo i capi delle tre sedi apostoliche, ha comuni riti ed una concezione umana del Messia in quanto i patriarchi dipendono dalla stesso sovrano, che potrebbe dare unità di indirizzo religioso, dando auctoritas temporale a chi è episcopos, vicario di Dio sulla terra.
*Professore, con Zenobia, attaccata da Aureliano nel 270 finisce il regno e quindi, si conclude anche l’esperienza di una prima autonomia cristiana, impostata in senso filosofico, considerata eretica dall‘ imperium romano occidentale e da Roma cristiana, di culto latino, dove predomina il paganesimo?.
Certo. Tutto finisce. Comprendi, però, che ci sono già forme di culto cristiano occidentale, differenti, dato il predominio del paganesimo, da quelle orientali dominate dalla Triarchia, che dirige i pur diversi riti in località monoteiste, in nome del Christos, l’eroe nato morto e risuscitato per il bene dell’uomo, da lui redento dal peccato di Adamo, e sotto l’autorità di Zenobia, un’ Aurelia romana, una Semiramis aramaica, una nuova Cleopatra che parla in lingua latina, aramaica e greca, correntemente, facendo un’unitaria propaganda coi suoi consiglieri.
*Chi sono?
Il filosofo Cassio Longino, il vescovo di Antiochia, Paolo di Samosata e quello di Colonia Aelia Capitolina Imeneo (260-276), che segue col suo discepolo Zambda, uomini ben collegati con il papas di Alessandria Dionigi e col suo successore Massimo (264-282), in quanto fedeli al pensiero sincretico giudaico-cristiano della regina guerriera, che si firma con nome aramaico nei documenti ufficiali, come Bath Zabbai. Hai capito bene?
*Certo. Ho ben capito questo, anche perché ho letto Unigenito di Dio è il Christos o l’universo? Cassio Longino non è quel retore e filosofo del III secolo di Palmira, considerato da alcuni critici, scrittore del Peri upsous /il sublime?
Si .E’ il retore di Palmira, maestro di Porfirio, ma non scrittore del Peri upsos/il sublime, che è, a mio parere, opera dell’epoca caligoliana. In Siria è maestro di greco e consigliere della regina Zenobia, condannato dall’imperatore Aureliano a morte perché ritenuto l’autore di una epistola con cui la regina rifiuta di arrendersi. Noi di lui abbiamo opere frammentarie di contenuto filosofico, grammaticale e letterario, specie di critica omerica, e qualche parte intera di un lavoro di Retorica.
*Di Imeneo, patriarca greco gerosolomitano, non si sa niente?
Si sa solo che è successore di Nazabanis (249-260), un nome aramaico, strano in un ambiente coloniale, di norma dominato da greci e romani. Di Paolo di Samosata, commagene, ti ho parlato in altre occasioni.
* Penso, quindi, che i tre abbiano contribuito alla nascita del Primissimo cristianesimo, quasi contemporaneo a quello armeno, ambedue influenzati e condizionati dal platonismo alessandrino di Filone e di Origene, seppure dipendente dalla lettura letterale di Gesù Vivente, antiochena, ritenuta credibile!. cfr. E’ credibile una lettura letterale di Gesù vivente in www.angelofilipponi.com.
Marco, la trasformazione, operata da Zenobia, sottende anche, forse, un cambio di forma religiosa, in una zona dove predominano certamente le sette cristiane, che, avendo un medesimo simbolo, quello della Croce e contando un maggior numero di cittadini rispetto ai pagani, impongono il culto cristiano nell’ ideale centro nella città di Palmira-Tadmor e nella capitale della Siria, Antiochia periferia di Dafne), città presa e poi fortificata dal comandante militare Settimio Zabdas, divenuta, infine, residenza estiva della regina, che segue l’esercito invasore in Bitinia, in Cappadocia, in Commagene, propagandandosi come discendente di Semiramis, come poi farà anche in Egitto come discendente di Cleopatra, accolta con riti giudaico -cristiani dal successore di Dionigi, che neanche più è in dissidio scolastico con Antiochia, scuola di lettura letterale rispetto a quella allegorica alessandrina!.
*E’ una sua supposizione o un qualcosa già adombrato in altri critici?
Marco, mi sembra che F. Loofs (Paolo di Samosata ., Lipsia 1924) e G. Bardy (Paolo di Samosata, Lovanio, 1929) esaminando la figura di Paolo di Samosata e il suo doppio compito di episkopos e di funzionario politico amministrativo, siano giunti alla stessa mia conclusione, in quanto io, negli anni novanta, decenni dopo, ho operato su Dionigi di Alessandria già nel periodo di esilio in Mareotide e in Cirenaica all’epoca di Valeriano ( 253-260 d.C.).e al suo potere temporale al momento del suo arresto sotto Filippo l’arabo (244-249 d.C. ) quando, nonostante l’ordine di Decio (249-251), è liberato dai popolani e dai contadini, che, cristiani, non obbediscono al decreto dell’imperatore che, legittimando l’editto del predecessore, impone che ogni famiglia che ha venerato la statua del sovrano ed ha sacrificato agli dei entri in possesso di un libellus come certificato che si è pagani e rispettosi della tradizione paterna. Su questa base ho ipotizzato un cristianesimo dei tre patriarcati, in connessione più o meno diretta con le formulazioni di Origene e di Eracla e coi riti religiosi armeni, in uno stato di incertezza successivo al decreto di Gallieno, che annulla quello paterno di Valeriano, morto nella guerra persiana, quando sono numerosi i cives-politai che, avendo il libellus, sono considerati traditori, in quanto deboli fedeli, che sono scivolati, davanti al martirio, per aver salva la vita e non avendo la Securitas /tranquillità come assenza di preoccupazioni, si volgono verso Palmira, rifugio e sede del Deus sebaoth, dopo la vittoria di Sapore sui romani: le famiglie vengono sterminate se non immolano vittime ,non fanno sacrifici agli dei e non venerano la statua dell’ imperatore – Dio, in Occidente, in Asia e e in Africa, dovunque!.
*Quindi, professore, nel regno di Palmira la secessione di Odenato è una rivolta cristiana contro le persecuzioni e contro il famigerato libellus, propria di lapsi, uomini ignorati dai pagani e vilipesi dai correligionari.
Marco, non credo che si possa parlare di rivolta cristiana di lapsi, o di un fenomeno di solidarietà con loro, ma di un movimento secessionista che sfrutta il malessere degli scivolati e parenti contribuli, in zone altamente cristiano- aramaiche, sotto la guida specie di Zenobia, che, nel 268, per quattro anni, tenta di conquistare territori romani sventolando la bandiera del monarchianismo di Sabellio, morto nel 257, sotto la persecuzione di Valeriano, propugnando una nuova formula rituale cristiana comune, dopo che la regina ha trasformato il regno in Basileia indipendente, specie, dopo l’invasione e conquista dell’Egitto, quando si definisce Augusta e discendente di Cleopatra, dopo aver nominato il figlio infante, Vaballato Augustus, avendo potere su una regione vasta quasi 1. 000.000 km quadrati, che comprende Bitinia, Siria e Celesiria parti dell’Arabia, dell’Asia minore, (Cilicia, Commagene ed Osroene e Cappadocia), potendo contare sui patriarchi-epitropoi delle tre sedi apostoliche, nonostante la morte di Dionigi di Alessandria, avvenuta nel 265 d.C..
*Tutto potrebbe essere accaduto in nome di Sabellio monarchiano?! strano!
Marco, Sabellio è un eretico, che muore forse nel 257, sotto Valeriano probabilmente martire, divenuto importante già a Roma nel 215 sotto Caracalla per il suo pensiero negante la divinità del Christos, in quanto monarchiano non credente nella Trinità delle persone divine e poi osannato in ogni parte dell’impero per quasi un quarantennio, quando è sostenitore di una dottrina, secondo cui il Figlio e lo Spirito Santo non sono persone distinte, ma soltanto modi di manifestarsi dell’unico Dio, il Padre-Pathr. I suoi molti seguaci a Roma si diffondono in Africa, specie durante le persecuzioni imperiali quando il pensiero dell’eretico, a seconda delle località. è detto di Sabellio o sabelliano, o modalista o anche patripassiano, perché si ritiene che non Gesù Cristo, figlio, come persona distinta, ma il Padre stesso subisca la passione!.
*Professore, nel regno di Palmira, allora, la diffusione del pensiero sabelliano ha un rilievo maggiore rispetto all’Africa e all’Occidente e all’Italia e a Roma stessa, dove è vescovo Dionigi romano che, però, dipende dall’autorità religiosa pagana del Pontifex maximus, venerante la Triade Capitolina, cioè l’imperatore stesso, che coordina anche il collegio dei feziali.
Professore, so che me ne ha parlato, ma non ricordo bene. Mi dica chi sono esattamente .
Non ricordi? Ecco la spiegazione! Ti rinvio, comunque, a Non dicere ille secrita a bboce e Ab Iove principium in www.angelofilipponi.com. Dunque, I feziali sono un corpo sacerdotale, costituito da 20 membri depositari dello ius fetiale, cioè uomini, dipendenti dall’imperatore pontifex maximus, che hanno la funzione di dichiarare guerra e di fare trattati di alleanza. Essi eseguono il rito della rerum repetitio, una cerimonia in cui si dichiara guerra mediante il capo feziale, pater patratus , che, assunte le sembianze di Giove Faretrio, si avvicina ai confini del territorio nemico, ed intima la restituzione dell’ager illecitamente usurpato, entro 30 giorni; in caso di mancata restituzione, seguono maledizioni e poi, dopo giuramento solenne, avviene l’indictio belli. Il capo feziale allora inizia, facendo giuramenti solenni l’indictio belli con cui comincia l’ostilità vera e propria, dopo il lancio di un’ hasta, scagliata dal pater patratus nel territorio nemico. Finita la guerra, c’è la cerimonia di pace con la stipulazione del trattato/ foedus col giuramento tra le due parti per Iovis lapidem, dopo il rituale sacrificio di un porco. Puoi, perciò, capire che la lotta tra Dionigi romano, superficiale conoscitore del pensiero di Sabellio, e Dionigi di Alessandria, profondo interprete del modalismo sabelliano e patripassiano, si configura come contrasto politico tra il papa romano, dipendente imperiale e quello alessandrino, palmirense, la cui autorità spirituale è immensamente superiore a quella del romano.
*Professore ora capisco e riesco a diradare la confusione, anche a causa dell’omonimia, specie allo scoppio della guerra tra Aureliano e Zenobia, quando in effetti il pontifex maximus occidentale, che ha anche al suo servizio Dionisius romano, ordina ai feziali di iniziare le ostilità. Forse, per questo, Dionigi di Alessandria non ascolta l’invito a partecipare al Concilio di Antiochia in quanto sa della condanna di Paolo di Samosata, patriarca della capitale di Siria, voluta dal papa romano. Dico bene?
Non esattamente. L’alessandrino è uomo considerato santo/agios e nabi, maestro del didaskaleion, ascoltato da tutti, in quanto segue perfino il pensiero giovanneo efesino e neanche più contrasta la lezione letterale antiochena: nessuno ascolta chi lo accusa di eresia!. Infatti, dopo la sconfitta di Zenobia, la memoria di Dionigi di Alessandria resta immacolata, nonostante il suo antimillenarismo e il suo favore entusiastico per Odenato e la regina di Palmira. Noi conosciamo una lettera di Felice I (268-274) successore di Dionigi romano a Massimo, successore di Dionigi di Alessandria, da cui possiamo capire l’integrità morale dell’ alessandrino, che professa di credere che nostro Signore Gesù Cristo, nato da Maria sia il logos-verbum, Figlio eterno di Dio, e non uomo diverso da Dio, elevato da Dio stesso a questo onore…in lui , Christos non vi sono due persone. Egli come logos, Dio perfetto, si è incarnato nel seno di Maria e si è fatto uomo!.
*Lei mi ha parlato di falsificazioni apollinariste, fatte anche su testi del III secolo, oltre che su quelli dell’epoca di Apollinare di Laodicea (310-390) cfr. Falsificazioni apollinariste in www.angelofilipponi.com.
Questa lettera potrebbe essere un esempio, quando a Roma c’è un clima di vittoria con trionfo dell’Occidente sull’ sull’Oriente, a seguito della sconfitta di Zenobia, che viene rispettata nella sua regalità ed ottiene di poter abitare nella villa Adrianea a Tivoli. Gli apollinaristi potrebbero aver falsificato qualche monema significativo a favore degli Orientali, vinti, quando il papato romano, ostile a Paolo di Samosata, ne vuole la testa e sollecita l’imperatore ad una condanna per cacciarlo dalla sede episcopale, determinandone la morte per il disonore. Il patriarca infatti muore dopo essere stato deposto e cacciato dalla sede episcopale dall’imperatore stesso!
* Quindi, professore, il contrasto tra i due Dionigi potrebbe essere ulteriormente falsato da successive manipolazioni testuali, in quanto c’è sottesa una lotta per la supremazia patriarcale sia tra la sede romana e quella alessandrina che tra quella romana e quell’ antiochena.
Marco, il primo è un papa romano (259-268) definito da Eusebio (Hist. Eccl.,VII,7) uomo eccellente e dotto, che segue inizialmente il pensiero di Dionigi di Alessandria (247-265) erede della tradizione origeniana, potente teologo, che è antimillenarista e antitrinitario e contrario alla pratica di non accettazione dei lapsi nelle persecuzioni di Filippo l’arabo, di Decio e di Valeriano, che determinano questioni circa il perdono e circa i tempi di rientro nella comunità ecclesiale a pieno diritto, dopo severe penitenze.- già accordate, in Occidente, al tempo di papa Cornelio e Stefano I.
*Professore, il superiore valore di Dionigi di Alessandria e l ‘universale consenso orientale certamente attenuano i toni dell’ostilità del papato romano anche se, dato lo stato di guerra tra le due partes dell’impero, ci sono fazioni oltranziste in ambedue i campi.
Marco, si cerca, comunque, di nuovo un credo unitario comune per le due partes dell’ impero, ma, in questa ricerca forse sorgono falsificazioni, equivoci testuali, incomprensioni a causa dell‘arroganza greca orientale che vanta una superiorità, tematica e linguistica rispetto alla deficienza lessicale della traduzione latina inadeguata, di fronte alla ricchezza dei testi ellenistici. Dionigi di Alessandria stesso – come poi in epoca teodosiana, i cappadoci, specie Gregorio di Nazianzo,- si lamenta che i latini non comprendono neanche i termini della loro speculazione trinitaria perché non fanno corrispondere esattamente a upostasis un adeguato significato, ma solo un generico persona, mostrando di essere discepolo di uomini come Origene e di Eracla.
* Bisogna, dunque, tenere presente anche il divario culturale dei due Dionigi e il livello delle due sedi patriarcali.
Certo. Dionigi di Alessandria, è un pagano di nobili natali, legato ad Origene fino al 231, per cui, divenuto christianos, è origeniano convinto che afferma il credo tipico del didaskaleion , professando che Christos, uios- figlio è creatura in quanto poihma e quindi creato e subordinato al padre e, perciò, il figlio è persona distinta dal padre nella sostanza poiché il padre è eterno e non generato mentre il figlio è il primo generato e monogenhs. Da qui il suo altezzoso non ascolto all’invito della chiesa romana e dell’omonimo papa di andare al Concilio di Antiochia.
*Forse ho capito qualcosa, dopo essermi documentato su monogenhs.
Marco, comunque, l’egizio muore con la sua convinzione, ma in seguito, dopo la vittoria di Aureliano su Zenobia, la chiesa romana impone, da vincitore militare, a quella egizia di dire che il Christos, uios-logos/filius- verbum è eternamente generato!. eppure il patriarca alessandrino era stato esiliato in Mareotide e in Cirenaica, dove era vissuto coi contadini ed operai di origine ebraica e perfino coi contemplativi, confrontandosi in senso adozionista in modo diverso da quello romano, per cui si era avvicinato a Paolo di Samosata, amico personale di Odenato e di Zenobia, come se anche lui avesse favorito la secessione tanto da essere giudicato pure lui eretico in Occidente, come se fosse il precursore del monofisitismo.
*Professore, questo periodo, quindi, non è stato studiato attentamente dalla critica cattolica e protestantica che giudica solo dall’angolazione degli uomini dell’epoca costantiniana e teodosiana.
I critici hanno letto secondo Eusebio ed Atanasio e poi secondo Gregorio di Nazianzo per cui viene falsata anche la figura di Dionigi di Alessandria come quella di Sabellio, mentre è chiaramente condannata quella di Paolo di Samosata costretto nel 268 a scrivere esattamente il suo credo, considerato scismatico, sebbene intoccabile al momento, perché era protetto in quanto funzionario, da guardie regie, ma, dopo la vittoria di Aureliano, era ucciso per ordine dell’imperatore, che non può non accettare i consigli dei vincitori latini.
Regno di Palmira
*Professore, in conclusione, posso dire che nel regno di Palmira si fa una specie di sperimentazione religiosa christiana, in cui si rilevano tendenze ideologiche ebraico- aramaiche, confuse con figura messianica di Christos, umano, connessa con istanze Trinitarie di un Dio unico, tipiche di Sabellio e di Paolo di Samosata, che sembrano anticipare arianesimo e monofisitismo in varie parti dell’ex regno di Palmira.
Marco, per me potresti dire solo che Aureliano è contrario a tutto ciò che non gli sembra romano e perciò si oppone alla filosofia, alla letteratura politica alla volubilità siriaca e ai sogni di potenza di Zenobia Per F. Altheim (Il sole invitto, Feltrinelli 1960) all’imperatore non importavano i desideri e le nostalgie private: una nuova concezione e un nuovo ordinamento dello stato stavano davanti agli occhi di un illirico, che aveva una diversa realtà politica militare! Aureliano, vincendo Palmira, favorisce l’ascesa del Dio di Emesa, che risulta superiore a tutti gli altri dei ed anche ad Jhwh per cui riconosce la sua potenza, entrando a Palmira e poi, tornato a Roma, fa edificare un tempio sulle pendici del Quirinale. Ora lui, Aureliano, è il sacerdote inviato dal Sole- il terribile e pauroso leone inviato dal Sole, celebrato dai sacerdoti del Dio di Emesa- che ne trapianta il culto a Roma nel suo tempio romano, senza, però, le cerimonie orgiastiche di Eliogabalo, senza più il Betilo, ma coi senatori romani, ora tutti rappresentanti del Dio siriaco, equiparati a tanti pontifices maximi e flamines, che organizzano ogni quattro anni il 25 dicembre, giorno natalizio, un agone dedicato al Deus sol invictus simbolo astratto politico -spirituale dell’impero, come l’antico Iuppiter capitolino. Io… non sono un theologos e, quindi, non posso dire esattamente se puoi parlare in questo modo, comunque, in Sabellio, in Dionigi di Alessandria e in Paolo di Samosata ci sono precisi segni scismatici rispetto al Credo del Concilio di Nicea e di Costantinopoli cfr. Angelo Filipponi, Amici cristiani, perché diciamo Credo, Streetlib, 2014. Infatti Sabellio considera pathr- padre ed uios- figlio due onomata-nomina di una stessa monarchia divina con lo pneuma -spiritus.
*Devo pensare, allora, che i patriarchi della Pentarchia condannano quelli della triarchia palmirese dominata da Dionigi alessandrino e da Paolo di Samosata in quanto nei Concili del IV secolo vengono attaccati i principi origeniani dell’upostasis, non ben intesa a Roma nel III secolo, se è esatta la risposta di Dionigi romano, dopo la morte di Sisto II, a Dionigi alessandrino, che tende a farlo ritrattare.
Noi, Marco, conosciamo due lettere del romano all’alessandrino in Refutatio et Apologia che sono basilari per la questione dei due Dionigi. Nella parte iniziale del testo, a noi giunto, da Atanasio cfr. Ario ed Atanasio in www.angelofilipponi.com
*Mi dica, professore. Io seguo.
Atanasio rifiuta da una parte la dottrina sabelliana, che identifica il Padre e il Figlio, andando contro il pensiero di Origene che, affermando tre ipostasi divise, del Padre, Figlio e Spirito Santo, sembra voler significare di professare tre divinità e non una. Nella seconda parte rinfaccia all’Alessandrino di aver definito il Figlio poihma cioè creatura, implicando così la sua non coeternità con il Padre, mentre egli è da considerare Figlio di Dio reale e coeterno con lui: è soprattutto qui che sono ravvisabili concetti ed espressioni di diretta derivazione origeniana, che difficilmente il papa romano potrebbe aver derivato da fonte diversa dalla lettera, che gli era stata recapitata dall’Egitto, in cui .Il figlio-creatura risultava da Proverbi (8, 22) il Signore mi ha creato/ ἔκτισε inizio delle sue vie,- ed era letto nel senso che Dio aveva sempre posseduto il Figlio, sua Parola e Sapienza sussistente.
*Non comprendo bene. Seguiti.
Alla concezione di Dio proposta dall’Alessandrino, che egli, come si è visto, considera eccessivamente divisiva, il romano pontefice oppone una fortemente unitaria, ribadita dal ripetuto impiego del termine monarchia, affermando che il Logos divino è unito con Dio e in questo ha dimora lo Spirito Santo, tanto che necessariamente la Divina Trinità si ricapitola e si assomma in uno /eis ena come in un vertice, cioè Dio signore di tutte le cose. Veniva spiegato poi Il concetto che il Figlio e lo Spirito Santo, strettamente uniti con Dio Padre, si assommavano in lui come in un vertice che poteva pure essere interpretato nel senso che la loro realtà s’identificava con la sua, in una concezione di Dio in cui la distinzione dei tre era puramente verbale: in definitiva, si trattava di una formulazione ambigua e contraddittoria, comunque tesa ad unire, al fine di una possibile interpretazione monarchiana radicale, nonostante la precedente presa di distanza da Sabellio!.
*Professore, dunque, è Atanasio che pone il problema reale ai suoi tempi centrale nella disputa teologica con Ario?
Certo Marco.Si deve anche aggiungere che nulla nel testo rileva la distinzione del Figlio e dello Spirito Santo rispetto al Padre, là dove i rappresentanti della dottrina del Logos la indicavano in Occidente (sono Tertulliano e Novaziano) mediante l’uso del termine persona, corrispondente al greco prosopoon, per altro meno individualizzante di upostasis, termine di cui Dionigi di Alessandria aveva fatto uso sulla traccia di Origene ,von condiviso da Dioniso romano . Nel complesso, la concezione di Dio, molto unitaria di Dionisius romano, era molto lontana dalla dottrina del Logos, allora rappresentata da Dionigi di Alessandria e che, solo pochi anni prima proprio a Roma Novaziano aveva ribadito, sulla traccia di Tertulliano – De trinitate-!. Un secolo prima, diversa era la lettura di omousios, per cui era imprecisa la difesa di Dionigi di Alessandria secondo Atanasio,(De sententia Dionysii, 6) su Cristo non consustanziale con Dio, cioè non partecipe della sua stessa sostanza, essenza, in un clima di humanitas del Christos. Infatti il patriarca alessandrino del III secolo sembra obiettare che il termine non è attestato nella Sacra Scrittura, fonte diretta della dottrina cristiana, affermando per altro di non avere difficoltà ad accoglierlo, anche se lo intende nel senso di omophuhs/della stessa natura, dello stesso genere, perciò, con significato molto generico, là dove gli avversari lo intendevano in senso molto più unitario, diverso, comunque, da quanto si stabilisce nel concilio di Nicea nel 325 e, poi, in quello di Costantinopoli nel 381.
*Professore, le sono grato per questa lezione su Sabellio e i due Dionigi, perché ho potuto meglio capire i tanti problemi di un periodo, confuso in materia teologica, e politicamente complicato.