Aedituus e Neookoros

Dichiarazione  israeliana 14 Maggio 1948

Siamo …aperti all’accoglienza di tutti gli esiliati...guidati da principi di libertà, giustizia e pacedifensori della sacralità dei luoghi di ogni religione!

Parole vuoteebraiche 2024!

*Mi vuole, oggi, mostrare l’esatto valore di custodi del tempio- templum pagano, nel mondo latino, e di quelli del naos greco-ellenistico?. Perché?

Marco, ho tanti motivi in questa mia ricerca.  Comunque, fra altro,  vorrei capire quello che, effettivamente,  sai circa il mondo sacerdotale latino e greco. Si parla spesso di questo,  ma in modo improprio,  in quanto noi pensiamo da cristiani e leggiamo male le azioni pagane.   Io non so se tu conosci il valore del Pontefice massimo, che è carica tenuta da Giulio Cesare, dal triumviro Emilio Lepido e poi da Ottaviano Augusto-sebastos ed infine da tutti gli imperatori romani fino a Graziano (375-383 d.C.) , figlio di Valentiniano I, che, nel 376 d. C rinuncia, dando così la possibilità al vescovo cristiano di Roma di assumerne le funzioni!.

 *Quali erano le funzioni, professore ? io so qualcosa da alcune letture di articoli in relazione  alle funzioni dei   flamines, in Roma,   o di aeditui  o  di neookoroi efesini ,  cioè di addetti alle aedes o aediculae latine o a templi occidentali  o  al naos-neoos.o nhos/ tempio  greco, luogo di abitazione del Dio, in cui si avverte la divina presenza

Marco, il mondo latino-greco è  naturale e quindi agricolo. Dovunque si  vede  il Dio; dovunque si  costruiscono  templi; in ogni luogo,  nelle urbes-città, nei  villaggi-vici, nei borghi- pagi, nelle metropoli  o poleis,  come nei villaggi di campagna/koomai ci sono edifici, dove si venerano le divinità

*Dunque, dappertutto  si trovano  fana/aree templari vaste intorno  a grandi santuari, sparsi nell’immenso  territorio imperiale romano.

Marco, l’impero romano era pieno di templa e naoi cioè  grandi  santuari, che fungevano anche  da ospedali come  Ascelepeia, o erano  centri  oracolari come quelli di Delfi o di Samotracia,  e che avevano  grandi aree intorno,  come quello  di Giove, capitolino,  o  l’Elagabalium del Sol invictus, quello di Zeus ad Olimpia, o  quello di Iuppiter Anxurius  a Terracina  o quello  di Apollo  dafnio a Dafne di Antiochia,  o quello di  Artemide /Artemision ad Efeso, e tanti altri centri di culto a divinità anche minori, come la Dea Cupra nel Piceno,  come Cibele-Ma in Cappadocia,  come Adone a Cipro,  come Actis in Frigia, congiunti a  Dei superiori, in varie località. 

*Lei mi  vuole far comprendere il servizio specifico  dei neoocoroi e degli aeditui, utili ai fini dell’adorazione dell’imperatore –  specie in epoca di persecuzione reale, certificata  come quella di Decio e di Valeriano e poi di Diocleziano!.

Marco, io ti ho spiegato il mio pensiero in Ab Iove principium  e in Lucio Taruzio www.angelofilipponi.com  e in tante altre parti ed ora, specificamente, vorrei farti notare, seppure brevemente,  le funzioni e il reale servitium-diakonia,   svolto dai pontifices maximi, dai flamines o dai  feciales , dagli aeditui occidentali  e dai  neookoroi orientali, addetti al culto imperiale, in quanto,   dipendenti statali, funzionari come  gli uomini delle tante corporazioni sacerdotali antiche, di origine repubblicana cfr. Varrone e la theologia in  www.angelofilipponi.com 

*Dica pure, dica ancora!.  Io ascolto.

Allora, se  hai compreso che l’imperatore è pontifex maximus, cioè capo dei riti della spiritualità agricola romana, in quanto vir protetto dal theos- deus, che gli concede sempre la nikh -vittoria,  perché figlio unigenito, legge vivente -nomos empsuchos , immagine vivente di Giove,  detentore di ogni potere e sovrano unico, rispetto a tutti gli uomini, mortali,  fedeli, suoi  servitori, diversificati per funzioni,  secondo una scala burocratica, pur differenziati  in  classi sociali di patres, equites, plebei,  clientes e parassiti, puoi intendere  la societas romana  col suo reale funzionamento  di base agricola e repubblicana, che, a seguito di fortunate guerre  nel III e II e I secolo  a C. riesce col militarismo ad estendere l’imperium in senso democratico  in Occidente e in Oriente  con una struttura consolare, mitigata da un’ altra plebea tribunicia,  mediante la continua osmosi dialettica tra senato e tribuni della plebe,  flessibile e mutevole  in dictatura che,  in caso di emergenza , assume col dictator la tribunicia potestas e consularis  auctoritas. 

* Professore, io ho capito che la pietas pagana non è come quella nostra cristiana, ma è un servizio all’imperatore Dio, che,  oltre tutto cura la sua immagine divina mediante  una fitta rete di sacerdoti  burocrati, diakonoi, che magnificano le sue imprese e  che garantiscono il culto  di latria del basileus, anche là dove come in Gallia e Britannia e in Giudea  esiste già  un Dio sovrano, la cui presenza è venerata continuamente in un Tempio, da una casta sacerdotale druidica e sadducea.

 Marco,  anche  a Roma la Triade capitolina e l’urbs  stessa hanno culto divino anche se  c’è rispetto degli Dei -theoi  di tutte le popolazioni soggette, venerate nel Pantheon. Comune a tutte gentes-genh è l’idea di Dio,  che è nei cieli, la cui volontà è espressa nei segni celesti, in fenomeni atmosferici, in miracula/ musteria che, letti da caste sacerdotali e   da magi, possono essere  tradotte in azioni conformi al dettato divino,  mediante preghiere e sacrifici, grazie ad incaricati che  ne rilevano i segni/semaia.

*Imperator-autocratoor  è lex viva /nomos empsuchos in quanto augustus / sebastos, pontifex maximus e flamen dialis

Marco,  l’imperatore non è solo legge vivente, che assicura la giustizia e la pax  come Dio in terra, ma è anche quello che  deve essere venerato come Zeus-Iuppiter,  perché datore di vita e come  l’unico  Dio nel cui nome si fa ogni atto, matrimonio, testamento, giuramento e si vive… la vita, essendo lui solo immagine divina.

*Quindi augustus-sebastos  non è solo un titolo onorifico per indicare  il dominus-despoths/kurios del mondo romano,  ma sottende venerabilità con un particolare cerimoniale di adorazione,  a cui il suddito si sottopone con il baciare i piedi/Proskunhsis, rinculare, indietreggiando, senza alzare il volto, tra fumi di incenso e litanie. Questo è un rito solenne, che comincia con Gaio Caligola (cfr. Angelo Filipponi, Caligola il sublime,  Cattedrale, Ancona 2008). Lei ci ha sempre detto che Tiberio, che  si  ritiene creatura,  un aristocratico mortale,  rispetto al Dio creatore, non segue l’indirizzo di  Giulio Cesare, figlio di Venere, e di Ottaviano  Augusto, scaltro dux,  teatrante nummularius-trapezita, esaltato  poi dai Severi,  che lo considerano basilare fondatore del principato e ne seguono le orme come flamen dialis e come pontifex maximus!.( cfr. Incitato il cavallo di Caligola in www.angelofilipponi.com).

Certo. Gaio Caligola incentiva il culto del sovrano assoluto, essendo stato educato secondo i princìpi della Basileia da re, come Antioco di Commagene e  Giulio Erode Agrippa, maestri di tirannidetyrannodidaskaloi,  e crea templi, edicole, fana  per la celebrazione sia di Pantea– la sorella  Drusilla,  morta nel 38  -sia  della madre  Agrippina e dei fratelli – Giulio Cesare e Giulio Druso- curando  un proprio culto con una casta sacerdotale,  con animali e piante,  a lui sacre, cosciente di essere inviolabile nella persona, immortale, in quanto Flamen dialis e Pontifex maximus, rappresentante di Giove-Zeus!  

 *E’ vero, professore  che  il sintagma Pontefice massimo  è connesso con la fabbrica dal Ponte Sublicio già in età regia?

 Si legge in  Dionigi di Alicarnasso (Antichità Romane, III, 45) che, sotto Anco Marzio, fu costruito in legno il Ponte Sublicio, cosi chiamato perché aveva sublicae/piloni o palafitte o pali per sostegno di base,  affidato  in custodia ad un collegio di pontefici (chi fa  ponte – pontem faciens ) di quattro membri che eleggevano  per cooptazione il Pontefice massimo, come capo corporazione, le cui funzioni erano già state prefissate e regolate da Numa Pompilio (cfr.  Plutarco,  Numa , Bur 1996) mentre gli altri erano detti minores e svolgevano il compito di segretari, in quanto subalterni. Era, quindi, una carica antichissima,   patrizia- come quella dei flamini, equivalente,  anche se subalterna rispetto a quella del  Pontefice massimo  – che anticamente  curava il passaggio  e controllava le popolazioni limitrofe a valle,  sulla destra del Tevere  (Dionigi di Alicarnasso,  ibidem, II, 73,1 ). Il numero di membri variò col tempo e col  l’ingresso dei sacerdotes minores, plebei,  nel 300 a.C. con la lex Ongulnia, dapprima ad 8  membri, poi a 15,  allorché, dopo la modifica di Silla, con la lex Domitia  sostenuta da  Giulio Cesare, tramite Labieno maior,  si prescrisse che l’elezione del collegio e del pontifex maximus fosse ad opera  delle 35 tribù, anche se bastava il voto di 17!.   

*Professore,  non mi è chiaro il termine cooptazione,  nonostante le  sue precedenti lezioni, e non conosco  le funzioni proprie del Pontifex maximus e  gli  specifici privilegi e gli onori di un imperatore -pontefice massimo, in quanto non li  so distinguere dai flamini e specie dalle funzioni del flamen dialis a lungo appannaggio di Ottaviano Augusto, nel periodo che va dal 27 al 13 a.C., anno della morte di Emilio Lepido, Pontefice massimo,  triumviro da lui esautorato.

Marco, si dice elezione per cooptazione quando un membro viene designato come candidato,  eletto a voce o per alzata di mano,  acclamato al momento dell’assunzione del  titolo!.  Bisogna dire che la carica ha un suo valore, in epoca repubblicana ed un altro in epoca imperiale, dopo che diventa appannaggio esclusivo dei  cesariani e, poi,  di Augusto-sebastos- mostrato  nella statuaria come  flamine, accenditore del fuoco sull’ara dei sacrifici,  in quanto  ambedue, il flamen dialis e il pontifex maximus, rappresentano Iuppiter e sono immagine sua vivente – che,  come Pontefice massimo dal 13 a. C. , riunisce nella sua persona, la potestas militare con l’auctoritas della  sacralità divina, dopo avere riformato anche il settore religioso ed aver  riportato in auge la tradizione della  pietas  repubblicana, ormai scaduta. Ti aggiungo che dall’inizio,  dato  dalla domus giulio- claudia, il pontefice massimo è considerato  struttura formale essenziale del Principato,  da tutte le successive dinastie  fino a quella dei valentiniani nel 376  d.C..

*Professore,  se Augusto fu   per un quindicennio flamen e, poi, per oltre un ventisettennio  anche pontefice massimo,  chiaramente, da  scaltro personaggio e politico  inarrivabile qual era,  voleva  mandare un preciso messaggio, alla romanitas,  non più di equivalenza sacerdotale,  ma di superiorità del Pontefice  rispetto ad ogni altra carica religiosa,  avendo una volontà  di  distinguere le due cariche, valorizzando il prestigio della prima a scapito della  seconda, che, comunque, manteneva gli stessi onori e privilegi, patrizi, –  sella  curulis,  posto in senato privilegiato,  30 littori come guardie del corpo –  ma, ora, aveva  doveri con  tanti  vincoli,   per cui il flamen dialis non era più sentito alla  pari del pontefice, come in epoca repubblicana, poiché era gravato da vincoli, quando  doveva fare la scelta della  moglie /una vergine, quando non doveva andare  cavallo, e non poteva  allontanarsi da Roma  e  se  un tribuno della plebe o un censore poteva a lui imporsi in quanto soggetto a precise ulteriori obbligazioni.

Augusto sapeva sempre trarre vantaggio da ogni cosa!. Infatti,  come pontifex maximus, poteva esercitare quasi lo ius primae noctis  con ogni vergine,  che si sposava, in quanto uomo  libidinoso,  sempre accontentato da amici e perfino dalla moglie  Livia, che lo riforniva, a sua richiesta  anche da vecchio,  di donne giovani, onorate di essere da lui deflorate!( cfr. Svetonio, Augusto, 71).

* E…bravo  Augusto Pontifex maximus! Dunque,  la storia del Ponte Sublicio e dell’impresa eroica  di Orazio Coclite,   che con due compagni tagliò  i sostegni  per frenare l’arrivo degli invasori etruschi,  era una memoria, unita alla  celebrazione del sacerdozio stesso!.

Certo,  sembra, però, che la memoria del ponte,  varie volte crollato, per le inondazioni del  Tevere, non arrivi all’epoca severiana perché non vi sono tracce nei frammenti rimasti della Forma urbis.   

Frammento della Forma urbis severiana

*Dunque, anche quando non esiste più nemmeno il Ponte Sublicio, il pontifex maximus, in quanto imperatore di un impero di oltre 3.300.000 km quadrati, chiede un atto di fede dai sudditi, che devono testimoniare la loro pietas verso il culto dei padri, quando ci sono i barbari che premono ai confini.

 Perciò, alla metà del terzo secolo i christianoi, che hanno  formato colonie di ecclesiai, sparse nel territorio romano, specie orientale,  ed hanno un considerevole numero di fedeli,  seppure con un differente figura di Christos, sono chiamati a dire il loro credo e dichiarare la loro fede, che contrasta con quella della  tradizione quiritaria, pagana, politeista militaristica.  Sono, quindi, invitati a dare uno spectaculum religioso,  in cui  salutano e baciano  la statua dell’imperatore e  la venerano prostrandosi ai suoi piedi, tributando i consueti onori  all’immagine del  sovrano-dio, datore di vittoria in guerra, ed hanno un libellus che testimonia il dovere fatto. In caso di rifiuto,  c’è la cattura con la confisca dei beni e con la condanna a morte del pater familias col suo gruppo familiare, accusato di lesa maestà.

*Professore, i christianoi non hanno alternativa, in quanto gravano già  su di loro accuse di immoralità, di incesto,  di cannibalismo e  i magistrati hanno recente memoria di cristiani renitenti alla leva  che, rifiutando di combattere  e di difendere  i confini patri, in nome di una fratellanza universale,  si lasciavano uccidere convinti di ascendere al regno celeste, loro reale patria, dove avrebbero  ricevuto, come martures, un premio eterno dal loro Dio!.  

 Di fronte al dilemma o proskuneesis con vita salva o martirio con strage anche di famigliari,  molti abiurano, recitano la pars da pagano coi riti prescritti  e hanno il libellus, che li bolla, però,  come lapsi

*E’ vero,  professore,  che all’epoca gli aeditui e i neookoroi da spazzini templari  diventano  distributori di libelli?

 Dove lo hai letto. Io l’ho pensato ma non l’ho mai scritto!  comunque,  è possibile, specie nella persecuzione di Diocleziano.  Per oltre una  trentina di anni,  dopo l’editto di Gallieno, i christianoi  trascorsero uno stato di relativa  tranquillità, anche se la condizione di lapsi era molto discussa nelle  numerosissime sedi ecclesiali, dove molti capi intransigenti non riuscivano a perdonare  l’abiura, in quanto erano celebrati i martures  come santi-agioi tou kouriou e venivano considerati traditori  quelli che avevano abiurato. Con Diocleziano, quasi alla fine del suo regno, nel corso di  una nuova costituzione, basata sulla Tetrarchia, in un mondo diviso in quattro parti, con quattro capitali, con quattro domini, invece,   appare necessario il censimento dei pagani,  fedeli militari rispetto ai cristiani inaffidabili,  nelle singole circoscrizioni amministrative,   per cui infuria la più crudele  e funesta persecuzione, che miete moltissime vittime in Occidente e in Oriente  e che si chiude, dopo un decennio circa,  con l’Editto congiunto di Costantino e di Licinio nel 313 d.C.,   come segno dell’inizio di una nuova epoca e della vittoria cristiana sul mondo pagano, ormai tramontante!.   

*Dunque, professore, posso dire che l’imperatore -pontifex maximus  con la persecuzione   accerta il numero dei suoi  cives  fedeli  e conta i possibili milites, pronti a  difendere i confini e a  sacrificare la vita per la gloria sua e di Roma! 

Certo. Il libellus, Marco,  è garanzia di paganesimo e di fedeltà  all’impero: chi ne è privo è hostis/nemico!